Eni interrompa la sua azione legale e si apra al confronto sulla sua strategia di decarbonizzazione.
“Vogliamo esprimere piena solidarietà a Greenpeace e Re Common per l’azione che ENI, con una causa di risarcimento danni per diffamazione, ha deciso di intentare nei loro confronti. Una multinazionale dell’oil&gas, in grado di accumulare ricavi per oltre 130 miliardi nell’ultimo anno, frutto di attività che nella maggior parte dei casi recano una grave impronta climatica, dovrebbe trovare altri modi per misurarsi con la società civile, anche con le critiche più severe che da quel mondo le possono venire. Di certo dovrebbe evitare iniziative legali che possano tradursi in una minaccia al dissenso, dal momento in cui il cui maggiore azionista di ENI stessa è lo Stato. Si rischia un grave corto circuito democratico su un problema – il cambiamento climatico – che mai come in questi giorni appare drammaticamente evidente alla percezione di tutti i cittadini”
Con queste parole le organizzazioni Cittadini per l’Aria, Clean Cities Campaign, Ecco Think Tank, Legambiente, Sbilanciamoci!, Transport & Environment Italia, Valori e WWF Italia hanno commentato la notizia della richiesta di risarcimento danni mossa da ENI a Greenpeace e Re Common, in risposta alla climate litigation – la prima in Italia contro una società privata – che le due ONG hanno avviato contro il “cane a sei zampe”. Greenpeace e Re Common, con la loro causa civile, hanno chiesto che ENI sia obbligata a rivedere la sua strategia industriale, in linea con gli accordi di Parigi e i conseguenti obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.
“ENI è un colosso industriale italiano. Come tale deve porsi con maggiore responsabilità, credibilità e urgenza il tema della transizione energetica. Alle sue strategie è legata una parte consistente del futuro industriale del Paese: anche per questo non può consegnarsi a una strategia “fossile”, appena velata da una sottile patina di “verde”. ENI ha enormi responsabilità climatiche e ambientali, oltre che energetiche e industriali: accetti un confronto aperto e trasparente con chi la critica, incluse Greenpeace e Re Common, e mostri piani credibili di decarbonizzazione”, hanno aggiunto le forze della società civile che supportano questo appello.
Le organizzazioni firmatarie auspicano che questo episodio sia anche oggetto di dibattito politico: di assunzione di responsabilità da parte del governo e di attenzione da parte delle opposizioni. La critica all’operato di alcune imprese, all’inadeguatezza della loro risposta alla crisi climatica, non deve essere messa in mora o silenziata da cause intimidatorie, ancor più deprecabili quando “è Golia a volersi rifare su David”.
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