T&E: "L'Italia punta su energie sbagliate per decarbonizzare i trasporti. E il 93% degli e-fuels è assegnato al trasporto terrestre, rendendoli così indisponibili per quelli hard to abate che ne hanno più bisogno” ”.
In un’analisi del piano climatico 2030 dell’Italia (PNIEC, il piano con cui ogni Stato Membro identifica le politiche e le misure per il raggiungimento degli obiettivi di energia e clima 2030), Transport & Environment rileva che il Paese manca di una strategia efficace per evolvere verso un settore trasporti verde. In attesa del feedback alla bozza di piano climatico italiano che la Commissione Europea dovrebbe rendere pubblico oggi, T&E invita il Governo a correggere alcune delle politiche più problematiche. Tra queste, il marcato impiego di biocarburanti che, secondo una nuova analisi del gruppo ambientalista, è particolarmente dipendente dall’impiego di “oli esausti” di importazione cinese, che costituiscono il 74% delle importazione Italiane e il 60% di quelle UE.
L’Italia rischia di bucare l’obiettivo di riduzione di emissioni entro il 2030. Secondo la normativa europea, l’Italia dovrà ridurre le emissioni dei settori del trasporto terrestre, dell’edilizia, dei rifiuti, della piccola industria e dell’agricoltura (settori ESR) del -43,7% entro il 2030[1].. Con le politiche attualmente pianificate il Paese mancherà il suo obiettivo al 2030 per un quantitativo pari a 23 Mt CO2eq, (il 12%, del totale delle riduzioni che dovrebbe conseguire) se non introdurrà misure climatiche aggiuntive. In termini di emissioni cumulative, da qui alla fine del decennio, ciò significa emettere ulteriori 89 Mt di CO2 in atmosfera, per le quali il governo dovrebbe acquistare quote di emissione da altri Paesi dell’UE. Secondo l’analisi di T&E, anche ipotizzando un prezzo di appena 10 euro per ogni quota, le casse pubbliche subirebbero un buco di quasi 1 miliardo di euro che graverebbe sui contribuenti, per colpa della poca ambizione delle politiche climatiche italiane e di una programmazione sbagliata.
Decarbonizzazione: in Italia troppi biocarburanti e dipendenza dalla Cina. L’analisi di T&E rileva che la decarbonizzazione del settore dei trasporti, così come pianificata dal governo italiano, si basa in larga misura su vettori energetici inefficienti. Entro il 2030, quasi due terzi dell’energia “rinnovabile” totale nei trasporti dovrà essere fornita dalle bioenergie. Ma un impiego così massiccio di biocarburanti espone l’Italia alla dipendenza dall’import di materie prime (che oggi garantisce il 94% del totale dei feedstock impiegati nel nostro Paese) e a potenziali frodi lungo le catene di approvvigionamento. Specialmente nel trasporto stradale, per cui l’elettrificazione è la soluzione più matura e meno emissiva, con la quale ridurre contestualmente la domanda di energia primaria e l’inquinamento atmosferico, risulta particolarmente problematico il forte utilizzo di biofuels.
Biocarburanti, il nodo degli oli esausti. Da una ulteriore analisi del mercato dei biocarburanti – pubblicata oggi da T&E – emerge come l’Italia pianifichi di poggiare la sua strategia energetica su due principali categorie di biocarburanti: quelli a base di palma (olio di palma, POME, PFAD) fortemente legati alla deforestazione e per cui l’Italia è terzo consumatore europeo, e i biocarburanti avanzati ricavati prevalentemente da oli di cucina usati e da grassi animali. Tuttavia, il problema degli UCO (Used Cooking Oil) è che l’Europa non è lontanamente in grado di raccogliere sufficienti volumi di oli esausti per soddisfare la sua domanda di trasporto. Infatti, rivela l’analisi, l’80% dell’UCO viene importato, principalmente da paesi Asiatici, con la Cina che – da sola – rappresenta il 60% delle importazioni UE. La dipendenza dagli import cinesi è ancora più spiccata per l’Italia, dove circa tre quarti (74%) degli oli esausti impiegati per la produzione di biofuels proviene dal paese del Dragone. Poiché in UE mancano controlli e monitoraggi efficaci, è molto difficile garantire che oli vergini come quello di palma non vengano etichettati come oli esausti per poter beneficiare di doppi incentivi. Questo aumenta notevolmente il rischio di frodi, come già fatto notare da alcuni Stati Membri alla Commissione UE.
E-fuels in Italia non assegnati all’hard to abate ma ai trasporti meno opportuni. Del tutto simile il discorso sul ruolo previsto dal Piano per i carburanti sintetici. Sebbene il Governo ne riconosca il ruolo chiave nel futuro mix energetico, pianifica di assegnarli alle modalità di trasporto meno opportune. L’analisi di T&E rileva che il 93% degli e-fuels previsti dal piano verrà “sprecato” per la mobilità in auto, autobus, camion e treni, quando il loro uso andrebbe destinato all’aviazione e al trasporto marittimo, settori molto più difficili da elettrificare e per cui i carburanti sintetici offrono la strada più promettente per la decarbonizzazione. Sono tuttavia appena 29 i ktep di carburanti sintetici che il Piano prevede per aerei e navi, un valore insufficiente a soddisfare i requisiti minimi fissati dalle leggi dell’UE sui carburanti verdi per l’aviazione e il trasporto marittimo[2] .
Piano climatico italiano: una programmazione inefficace. Carlo Tritto spiega: “Il piano climatico italiano è pieno di incongruenze: assegna i diversi vettori energetici alle modalità di trasporto derogando ai criteri di efficienza e sostenibilità. Utilizzare il vettore energetico più efficiente per ogni modalità di trasporto significa massimizzare la riduzione delle emissioni, pur con le scarse risorse energetiche a disposizione; al contrario, la traduzione di quel che il nostro governo rivendica come un approccio di “neutralità tecnologica” si rivela come una programmazione del tutto inefficace. Il Governo dovrebbe aggiornare il piano per concentrarsi sull’elettrificazione di auto e camion, riservando i limitati volumi di carburanti alternativi per aerei e navi, dove l’abbattimento delle emissioni è una sfida ben più difficile.
Quali policy per accellerare l’e-mobility in Italia. Secondo l’analisi di T&E, le attuali politiche di sostegno alla diffusione delle auto elettriche non sono sufficienti a garantire l’obiettivo italiano di avere 4,3 milioni di veicoli elettrici in circolazione entro il 2030. Appena il 4% delle auto vendute nella prima metà del 2023 erano BEV, molto al di sotto della media europea del 13%. Secondo le proiezioni di T&E, i veicoli elettrici, in Italia, rappresenteranno solo il 48% delle vendite nel 2030. Per colmare questa lacuna, l’organizzazione ambientalista europea raccomanda politiche efficienti come l’introduzione di un una riforma fiscale della tassazione sulle auto, un mandato di emissioni zero al 2030 per le nuove auto aziendali, un meccanismo di incentivi più coerente a sostegno dei soli veicoli elettrici, l’introduzione di un leasing sociale per i veicoli elettrici e l’introduzione di un meccanismo di credito per l’elettricità rinnovabile caricata dai veicoli. Queste misure contribuirebbero a stimolare la produzione nazionale di auto elettriche, rinvigorirebbero il mercato automobilistico, rendendo accessibili i veicoli elettrici alle famiglie a basso reddito.
Fondamentale ridurre il ruolo dei biocarburanti. Carlo Tritto conclude: “L’Italia può ancora correggere difetti e incongruenze prima di inviare la versione definitiva del suo PNIEC. È vero che il settore del trasporto su strada è altamente responsabile delle emissioni, ma è anche quello con il potenziale di decarbonizzazione più elevato, se paragonato a quello marittimo o aereo. Per questo è importante ridurre il ruolo dei biocarburanti: perché rimanere ancorati a questa soluzione inefficiente vincola ad anni di importazioni dall’estero di materie prime potenzialmente fraudolente o a rischio di deforestazione, dà messaggi confusi e controproducenti a un’industria automobilistica in crisi e in ritardo nella corsa verso l’elettrificazione. E, soprattutto, condanna il Paese a mancare i suoi obiettivi climatici”.
[1] Dai livelli del 2005
[2] ReFuelEU e FuelEU Maritime
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