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Il prestito statale a FCA non sia una cambiale in bianco

giugno 3, 2020

Il prestito di 6,3 miliardi a tasso agevolato e garantito dallo Stato per FCA non può essere incondizionato, ma deve essere vincolato al rispetto di precise condizioni per la creazione di una catena di valore della mobilità elettrica. La lettera inviata al governo da 7 organizzazioni, tra cui Sbilanciamoci!

Spettabili:
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio
Sergio Costa, Ministro per l’Ambiente, la Tutela del Territorio ed il Mare
Paola De Micheli, Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti
Stefano Patuanelli, Ministro dello Sviluppo economico
Roberto Gualtieri, Ministro dell’Economia e delle Finanze

 

Roma, 29 Maggio 2020

Il prestito a FCA sia condizionato ad una transizione verde e giusta per l’occupazione dell’industria dell’auto in Italia

Gentile Presidente del Consiglio, Gentili Ministri,

Relativamente agli aiuti di stato richiesti da Fiat Chrysler Automobiles (FCA) per gestire la crisi economico-finanziaria connessa all’emergenza Covid19, ovvero la concessione di un prestito a tasso agevolato di 6,3 miliardi di euro, garantito dallo Stato Italiano e concordato, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, tra azienda, Governo, Sace e Banca Intesa.

Senza entrare nel merito del dibattito politico e tra esperti sulla eleggibilità del gruppo multinazionale all’accesso al credito, le scriventi organizzazioni sono a segnalare che le condizioni identificate nel decreto-liquidità, quali lo «stop» ai dividendi e al riacquisto di azioni proprie per un anno, l’impegno a «gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali» e l’utilizzo del denaro per sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi localizzati in Italia, ai quali Fca dovrà attenersi per ottenere la garanzia statale sul prestito, non sono sufficienti per garantire una giusta transizione dell’industria automobilistica italiana e favorire lo sviluppo di un’azienda italiana, moderna, robusta e competitiva negli anni a venire.

Il carattere emergenziale delle condizionali del Decreto Liquidità non va infatti alla radice della crisi della nostra industria automotive, crisi che è iniziata prima del crollo del mercato dovuto alla pandemia e per cui la pandemia ha agito solo da acceleratore. Avendo focalizzato il suo business principalmente nella produzione e vendita di tecnologie obsolete e inquinanti come i SUV diesel, Fca è arrivata in ritardo nella corsa per la rivoluzione elettrica della mobilità. Ad oggi FCA è l’unica casa europea a non aver ancora messo sul mercato europeo alcun veicolo elettrico e a dover ricorrere al pool con un costruttore esterno al suo gruppo – Tesla – costato €1,8 miliardi per evitare multe ancora più corpose dovute al mancato rispetto del target dei 95grCO2/km entrato in vigore quest’anno, ma approvato oltre 10 anni fa.

Questo, insieme alla delocalizzazione della produzione europea fuori dall’Italia, ha significativamente indebolito la competitività italiana dell’industria dell’auto. Allo stato attuale, l’Italia rischia seriamente di non avere alcun ruolo da giocare in quella che rappresenta una delle principali rivoluzioni industriali del secolo: la mobilità elettrica, con serissime ricadute sul nostro sistema economico, sociale ed ambientale.

Finalmente vanno nella giusta direzione i recenti investimenti di FCA – 1,7 miliardi di euro nel 2019 nelle fabbriche italiane per la produzione di veicoli ibridi plug-in e veicoli elettrici, come la nuova versione della Fiat 500e che sarà immessa presto sul mercato – ma non sono sufficienti per assicurare la creazione di un polo italiano della mobilità elettrica. Secondo le analisi e le informazioni in possesso di T&E, si osserva che:

  • FCA è in ritardo nella produzione di auto elettriche (BEV), rispetto agli altri OEM. Nel 2020 la produzione di BEV rappresenterà solo l’1% del totale della produzione. La produzione cresce negli anni successivi, ma restando sensibilmente inferiore ai principali costruttori europei. Al 2025 si attende che la quota di auto elettriche prodotte in Europa, sia ancora inferiore al 20% della produzione totale.
  • Come mostrato nel grafico sotto, FCA prevede una diminuzione della produzione europea in Italia a partire dal 2023 (circa il 20% nel periodo 2022-2024) e un aumento della produzione in Polonia e altri paesi europei. In particolare si nota che oltre metà della produzione europea di FCA nel 2025 sarà fuori dall’Italia, con implicazioni socio-economiche negative per il nostro paese, meno posti di lavoro, produzione e valore economico complessivo – anche per la filiera automobilistica. Inoltre, considerato il mix energetico polacco, caratterizzato da un’intensità carbonica superiore a quella italiana, l’impatto della delocalizzazione sarà negativo anche in termini di emissioni di gas climalteranti.

Inoltre, va evidenziato che FCA è una società che attualmente non ha la sede principale in Italia e di conseguenza paga solo una piccola parte delle sue tasse societarie totali in questo paese. Malgrado ciò, si richiede ai contribuenti italiani di sostenere FCA nell’emergenza. La concessione di un prestito a tasso agevolato e garantito dallo stato comporta un rischio significativo per i contribuenti, alcuna garanzia in caso di insolvenza a fronte di nessun vantaggio nell’eventualità (certamente desiderabile) che FCA ne tragga alti profitti.

Le associazioni scriventi ritengono che qualsiasi tipo di aiuto statale concesso a FCA debba essere vincolato all’impegno dell’azienda a creare in Italia una catena di valore della mobilità elettrica, per assicurare la competitività dell’industria automobilistica italiana e della sua forza lavoro negli anni a venire. In particolare, per i motivi sopra esposti, si richiede che le seguenti condizioni minime siano messe nero su bianco per la concessione del prestito di 6,3 miliardi di euro a tasso agevolato e garantito dallo Stato:

  1. FCA si impegna a raddoppiare la produzione di auto elettriche (pianificata in UE per il 2023, 2024 e 2025) e a garantire che tutte le auto siano prodotte in Italia;
  2. FCA si impegna e mettere fine allo sviluppo o agli investimenti in nuovi modelli diesel, benzina e motori bi-fuel incluso il gas fossile, non più tardi del 2025;
  3. FCA si impegna a garantire che il 100% della produzione europea dei propri veicoli elettrici avvenga interamente in Italia almeno fino al 2025;
  4. FCA si impegna a mantenere i livelli occupazionali attuali e ad indirizzarli verso l’elettromobilità, garantendo che la forza lavoro dell’automotive italiana abbia il know how e l’expertise necessaria per la transizione ecologica del paese;
  5. FCA si impegna a destinare almeno l’80% del budget ricerca e sviluppo alla catena di valore dei veicoli elettrici (propulsori elettrici, motori, componenti, pacchi di batterie e linee di assemblaggio) o a joint ventures per la produzione di celle agli ioni di litio;
  6. FCA si impegna a facilitare la creazione di una gigafactory italiana per la produzione di celle di batterie sostenibili, ad unirsi a consorzi con i produttori di batterie seguendo l’esempio dei principali OEM europei e ad acquistare le batterie prodotte in Italia per i propri veicoli elettrici.

Produzione de FCA in Europa 2020-2025

 

Se il gruppo FCA chiede aiuto allo Stato italiano, allora deve garantire che in Italia avvenga la trasformazione industriale di cui il Paese ha bisogno per essere al passo con i tempi, compatibilmente agli impegni climatici e alle sfide industriali, economiche e sociali in atto.

Deve dotarsi un piano industriale sufficientemente robusto per garantire la restituzione dei soldi ai contribuenti italiani ed evitare ad ogni modo l’insolvenza. Deve garantire non solo il mantenimento dei livelli occupazionali italiani, ma la nascita di nuovi posti di lavoro verde lungo tutta la catena di valore dell’auto elettrica, insieme ad un’alta qualità, circolarità e sostenibilità dei processi produttivi e dei materiali utilizzati.

In definitiva deve impegnarsi a fare in modo che una transizione giusta ed ecologica dell’industria dell’auto avvenga in Italia a beneficio del clima, dell’economia, della salute dei cittadini e dei lavoratori italiani.


Donatella Bianchi, Presidente WWF Italia
Stefano Ciafani, Presidente Nazionale di Legambiente
Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo Greenpeace Italia
Gianni Silvestrini, Direttore Scientifico Kyoto Club
Veronica Aneris, Responsabile per l’Italia di Transport & Environment
Anna Gerometta, Presidente di Cittadini per l’Aria
Giulio Marcon, Portavoce della Campagna Sbilanciamoci!

 

Questo articolo è stato pubblicato inizialmente su Sbilanciamoci!

 

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