40% La quota di biocarburanti avanzati e di scarto sul totale consumato nel 2022
I biocarburanti avanzati e di scarto sono promossi sempre più frequentemente come alternative sostenibili ai combustibili fossili e ai dannosi biocarburanti da colture alimentari, e rappresenteranno un pilastro chiave delle normative europee sui combustibili
40% La quota di biocarburanti avanzati e di scarto sul totale consumato nel 2022
Nelle normative europee che promuovono i carburanti verdi nei trasporti hard to abate e l’adozione di energie rinnovabili (RED III), i biocarburanti avanzati e di scarto sono distinti in due categorie: nell’allegato IX della RED infatti troviamo, nella parte A, i materiali che richiedono una lavorazione più avanzata, come paglia e residui forestali; nella parte B, invece, gli oli che sono più facili da estrarre, come gli oli esausti da cucina (Used Cooking Oil, UCO) e i grassi animali.
Diverse politiche climatiche dell'UE promuovono l'uso di biocarburanti avanzati e di scarto: il principale stimolo normativo è costituito dalla Direttiva sulle Energie Rinnovabili (RED III), così come i regolamenti FuelEU e ReFuelEU relativi al trasporto marittimo e quello aereo, che prevedono delle quote minime di utilizzo di questi biocarburanti.
Negli ultimi anni, l'uso di materie prime avanzate e di scarto è cresciuto significativamente, contribuendo a sostituire i biocarburanti da colture alimentari e raggiungendo il 40% di tutti i biocarburanti immessi in consumo nel 2022.
A questi biocarburanti viene riconosciuto un doppio conteggio, vale a dire che nel raggiungere i target di energie rinnovabili fissati dai Regolamenti UE, il loro contenuto energetico reale viene conteggiato due volte. Ciò significa che i biocarburanti dell'Allegato IX hanno contribuito per quasi il 60% nel raggiungere gli obiettivi di rinnovabili nei trasporti. Complessivamente, i biocarburanti hanno coperto circa il 7% della domanda energetica dei trasporti nell'UE.
Quasi due terzi dei volumi di biocarburanti avanzati e di scarto sono stati prodotti da materie prime come olio esausto da cucina e grassi animali, seguiti da rifiuti industriali e effluenti dei mulini per l'olio di palma (POME, Palm Oil Mill Effluent). L’Italia è lo Stato Membro che consuma, in volumi assoluti, il maggior numero di biocarburanti avanzati: circa un terzo del consumo europeo. A seguire troviamo Spagna e Svezia che - con il 13% della propria energia per i trasporti soddisfatta da biocarburanti avanzati e di scarto - costituisce il maggior utilizzatore in termini relativi.
Nonostante siano sempre più frequentemente pubblicizzati come una soluzione sostenibile, impiegare materie prime “avanzate e di scarto” per produrre biocarburanti presenta alcune problematiche strutturali.
Da un punto di vista emissivo, la combustione di biomasse rilascia emissioni di gas serra e può richiedere anni, o decenni nel caso del legno, per catturare nuovamente il carbonio emesso durante la combustione.
Incentivare l'uso di residui forestali primari, come corteccia o cime degli alberi, essenziali per la rigenerazione e la biodiversità, con molta probabilità comporterà ulteriori pressioni sulle foreste europee.
Inoltre, la coltivazione di materie prime per biocarburanti si è dimostrato essere un uso altamente inefficiente del suolo, che ha portato a cambiamento nell'uso del suolo e deforestazione delle zone ad alto assorbimento di carbonio. Anche le colture intermedie e altre colture energetiche sono considerate "avanzate" ma probabilmente richiederanno l'uso di pesticidi, fertilizzanti e risorse idriche.
Inoltre, la maggior parte delle materie prime per i biocarburanti avanzati sono già impiegate in altri settori: ad esempio, la segatura viene impiegata come materiale da costruzione o la glicerina grezza nell'industria chimica. La competizione con questi settori potrebbe deviare queste materie prime limitate verso la produzione di biocarburanti, inducendo i settori che attualmente le impiegano a dover ricorrere ad alternative meno sostenibili, causando emissioni indirette e, potenzialmente, annullando qualsiasi risparmio di CO2 garantito dalla sostituzione di combustibili fossili con quello biologici.
Sebbene gli UCO o i grassi animali di categoria 1 e 2 possono essere considerate materie prime sostenibili, i volumi disponibili a livello domestico sono estremamente limitati e già ampiamente processati per produrre biocarburanti. Ad esempio, l’UE è capace di raccogliere appena un ottavo dei 130.000 barili di UCO che consuma quotidianamente e - all’aumentare della domande per tali materie prime - sarà sempre meno autosufficiente.
Altre materie prime come i rifiuti municipali e industriali o fanghi di depurazione potrebbero essere considerate sostenibili, ma le tecnologie di trattamento non sono ancora mature e i volumi di rifiuti disponibili dovrebbero diminuire in futuro grazie a un migliore tasso di riciclo e riutilizzo.
Il problema principale dei biocarburanti è la limitata disponibilità di quelli realmente sostenibili. Quelli che permettono di ridurre le emissioni, saranno scarsi e insufficienti a soddisfare gli ambiziosi mandati dell'UE per la decarbonizzazione del settore dei trasporti a lungo termine e andrebbero utilizzati lì dove non esistono alternative al consumo di fossili. I combustibili derivati da idrogeno rinnovabile saranno essenziali per decarbonizzare i settori hard to abate, come aviazione e marittimo, mentre i veicoli a zero emissioni, specialmente elettrici, rappresentano le migliori opzioni disponibili per decarbonizzare il settore stradale.
I biocarburanti da “rifiuti” - in virtù della loro teorica maggior sostenibilità - vengono conteggiati per il doppio del loro contenuto energetico nel raggiungimento dei target UE, ricevendo un incentivo doppio che ne aumenta sensibilmente il valore economico e li rende suscettibili a frodi di etichettatura. Una recente analisi ha infatto evidenziato che i volumi di raccolta interna e di esportazioni di UCO da Cina e Malesia, uno dei principali produttori mondiali di olio di palma, non corrispondono. Il rischio - rilevato anche dalla Commissione UE, che ha recentemente aperto un’investigazione in merito - è che gli UCO esportati siano olio di palma mascherato, il cui impatto climatico è tre volte peggiore del diesel fossile che dovrebbe sostituire. Il tanto atteso Database dell'Unione dell'UE dovrebbe migliorare la trasparenza delle catena di approvvigionamento dei biocarburanti, tuttavia, le problematiche intrinseche ai processi di certificazione rendono improbabile che la frode possa fermarsi da sola. Sarebbe opportuno che l'UE e i suoi Stati membri prendano ulteriori misure per combattere efficacemente le frodi e garantiscano che solo materie prime veramente sostenibili siano utilizzate per la produzione di biocarburanti.
Rimuovere le materie prime problematiche dall'elenco dell'Allegato IX o almeno limitarne il contributo agli obiettivi RED.
Identificare la disponibilità domestica prima di fissare obiettivi, con particolare attenzione al principio dell’utilizzo a cascata e alla gerarchia dei rifiuti.
Fissare l'obiettivo per i biocarburanti avanzati a un massimo del 3,5%, con doppio conteggio. Mantenere un limite per la Parte B dell'Allegato IX all'1,7% o inferiore.
Richiedere maggiori informazioni agli operatori economici e applicare regole per una maggiore trasparenza per ogni fornitore di carburante.
Affrontare le frodi con la creazione di un'unità dedicata alle indagini sulle frodi e rivedendo completamente il sistema di certificazione.
Concentrare le politiche pubbliche e le risorse economiche per favorire le alternative più pulite per la decarbonizzazione del settore dei trasporti: dare priorità all'elettrificazione diretta e puntare sull'idrogeno verde e sui carburanti elettronici (e-fuels) da esso derivati per la il settore aereo e marittimo.
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